Thursday, August 18, 2005

La colazione ce la perdiamo perche' mi sono imposto ed ho proibito sveglie ad ore improbabili. Ho pensato che potremmo andare a Kruja che e' una gita non lontana da Tirana. Perche' nel frattempo Jose' ha deciso di andare in Kosovo stasera. Io sarei tentato ma mi interessa vedere anche un'altro po' di Albania o forse in fondo mi sono gia' innamorato del paese. Mi dispiace che Jose' se ne vada, era un grande compagno di viaggio e credo che per un po' non ci saremmo scannati.

Jose' fa il maestro, ha un padre di 89 anni (veramente!), e' una persone curiosa e tollerante e si e' veramente costruita da sola. Progetta un viaggio che lo portera' per l'Asia Centrale sino a Vladivostok e poi ritorno. Scrive per il giornale della sua regione, fa foto bellissime e con lui vado d'accordo. Piu' il tempo passa insieme e piu'le persone le odi, ma con lui sento che potrei stare tanto tempo. Ha deciso di partire e mi dispiace non vederlo piu', ma voglio stare un po' da solo e godermi solo me stesso. Un bell'orizzonte altruista.

Provo il burek albanese. Nessuna forma oblunga, piuttosto una simil torta pasqualina ripiena di formaggio. Buona.

Partiamo per Kruja. Meglio, cerchiamo prima la partenza dei furgon e la guida dell'Albania (introvabile in Italia) ci da il giusto tip. Ma prima passiamo a cercare l'autobus per il Kosovo e ci tocca la visita al mercato gitano. A suo modo e' uno spettacolo, con i bambini che chiedono a Jose' delle foto e pollami imprecisati accosciati di fianco al padrone. Uno dice a Jose' no foto no foto, parlo con la signora per chiedergli come andare a Prishtina e una famiglia si appropinqua. Il pater familias e' un giornalista albanese kosovaro e parte per Prishtina la sera stessa. Prova ad informarsi, cambia la scheda del telefono e chiama per vedere se c'e' posto sull'autobus, che va sempre pienissimo e che lui ha prenotato da una settimana. Non c'e' posto. So let's do it the Albanian way. Quesito: un autobus e'pieno, una famiglia ha cinque biglietti, per padre, fratello del padre, madre e due figli. Un'altra persona, uno sconosciuto, vuole andare a Prishtina. Jose', tengo mio figlio sulle gambe cosi' puoi venire a Prishtina, ed in piu' gratis.

Jose' sente l'angioletto (o Alvaro Cunhal) che lo saluta dall'alto pronto poi a passare fattura per le troppe sollecitazioni, e se ne arrivera' a Prishtina alla mattina dopo, come voleva lui. Proseguira' per altre citta' martoriate, Sarjaveo, Vukovar, Srebrenica, e se non mi manda le foto lo uccido. Una sua foto, con un'anziano che abbraccia un gattino, commuove tutti gli spettatori.

Il furgon parte e ad accompagnarci nel tragitto c'e' Sokol che vive a Tagliacozzo. Sinceramente non sapevo neanche dove fosse, sta sulle montagne dell'Abruzzo a un centinaio di chilometri da Roma, e difatti Sokol parla con un accento bello pastoso. Ovunque ti giri gli emigrati albanesi assorbono le cadenze del luogo. Conoscero' albano-ternani, albano-pratesi ed albano-pavesi, tra gli altri.

Sokol e' cattolico e si e' integrato bene nel paese. Anzi quando ne parla usa l'orgoglio dell'abitante storico e non dell'adottivo. Conosciamo la sua ragazza che tra poco verra' in Italia e si sposeranno. Bella coppia e begli sguardi. Nel frattempo la doccia di polvere e' finita, la gola e' bella intasata come i vestiti, saliamo per le montagne di Kruja. Il paesino e' pittoresco e dall'alto vedi mezz'Albania. Il vero grande momento e' il primo Fergese della mia vita con uova, pomodori e carne, servito ebollente in terracotta. Poi mi uccido di agnello mentre dalla collina sottostante giunge musica da matrimonio. La prossima volta mi imbuco. Durano tre giorni ma a me il pranzo finale basterebbe, con super cibi e balli per ore ed ore. Vediamo se SOkol mi invita, io dico a loro di passare per Genova.

Scappiamo che alle 7 Jose' ha appuntamento con il fratello dell'amico kosovaro. Erion e la sua ragazza ci accompagnano sino al paese successivo dove cambiamo furgon, li' chiacchero un po' con un ragazzo albano-lucchese ed appare un bunker decorato a festa e ormai compagno fisso di giochi per i bambini di un asilo. Sento di nuovo la polvere in gola come quando ingoiavo gioiosamente tonnellata di Nesquik senza latte.

Ultimo rush finale alla ricerca di scorci fotografabili di Tirana e di un bancomat Maestro per Jose', corriamo per il centro e i suoi sandali dicono basta. Allora senza fare una piega tira fuori un nastro di scotch e ne fa una fibbia per i sandali degradati a ciabatte. Grande.



Poi un abbraccio e corre a prendere il bus.

Torno in piazza Skenderbeg e becco due italiane nella libreria con i testi inglesi. Sono degli esteri, o meglio una non mi vuole dire cosa fa e se la tirano un po' e quell'accento romano/ministeriale mi da' sui nervi, poi sono tutta una critica dell'Albania. Butrint e' deludente, le spiaggie sono piene di rumenta, loro sono dei disastri, meglio il Montenegro, la Macedonia, o il Kirghizistan.

Allora meglio due chiacchere con due poveri australiani che vengono da Londra e sono davvero un po' sperduti. Almeno pero' hanno sguardi meno maliziosi della spia romana. Gli dico di andare al mio albergo Kalaja che in fondo e' a buon prezzo e comodo.

Poi mi caccio in un internet cafe' mentre l'Inter travolge lo Shaktar Donetsk e nessuno sembra interessato ad Internet mentre Stefano Bizzotto urla.

Avevo un appuntamento con i due ragazzi australiani per una birra. Poi scopro che io non sto al Kajala ma al Guva, che e' DAVANTI al Kalaja. Sono un quarto d;ora in ritardo, tanto i due tipi non ci sono ed allora, dato che il portiere non parla inglese, ricorre al dottorando albanese che studia ad Amburgo. Nessuna grande Albania mi dice, ma il Kosovo e' albanese ed i serbi raccontano panzane. Accenno che la posizione e' uguale e contrapposta a Guca e non solo, ma lo accenno timidamente. Afferma che i kosovari sono maturi per l'indipendenza. Meglio per tutti cosi'.

Degli australiani neppure l'ombra. Giro per Blloku alla ricerca del bar Berlusconi. Purtroppo deve essere scomparso e trovare le strade a Tirana, anche le strade del centro, e' impossibile. Non sono indicate e nessuno le sa. O se le sa dormiva. Allora entro in una gelateria e chiedo alla cameriera come si chiama la via. Non lo sa. In ogni caso la vita va avanti e la gente va al lavoro e torna a casa. Sono necessari i nomi delle vie? E' vero che a Tokyo non ci sono? Qualcuno mi spieghi.

Blloku e' un blocco di strade quadrate e piene di bar. Allo stesso tempo rifugio per gli expats che ritrovano la vita notturna occidentale e casa di gente tirata. Mi piacerebbe anche trovare posti diversi per uscire non me sanno indicare altri gli stessi tiranesi. Tirana ha la stessa etimologia di Teheran. Quindi tiraniani.

Pappo due stupidaggini e mi godo ancora un po' di parata militare da solo. SOno le due di notte e vago senza meta per Tirana. Detto cosi' sembro Luke Skywalker e il cuore della mia mamma sarebbe straziato. In realta' mi sento in una media citta' italiana, con i passi tranquilli verso l'albergo. La notte del Blloku si e' spenta (in fondo e' AGosto e molti sono partiti).



Una bella notte da solo e da domani svacco.

1 Comments:

Blogger ILGRANDEBIGLIA said...

Ciao Cupia!
Ho gustato con enorme piacere tutto il racconto del tuo viaggio.
E' scritto benissimo ed accattivante. Hai voglia di proseguire il viaggio con chi lo scrive. Bravo. Complimenti.
Anche per la scelta coraggiosa.
Biglia

2:02 AM  

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