Wednesday, August 17, 2005

Ci incamminiamo per il boulevard che costeggia il lago. Abbiamo per la prima volta un bunker a fianco e quella testa di Jose', tanto per non dare l'occhio e non fare capire a tutta Pogradec che ci sono dei turisti sprovveduti in giro, comincia a fare foto ovunque. Ti capisco Jose' che avere per la prima volta un bunker di Hoxha a fianco da i brividi, ma vacci piano che insieme a te viaggia anche uno abituato alle delizie della vita parigina.

Parliamo invece del sistema dei minibus, che a quanto pare accomuna solo Albania e Turchia in Europa. Non e' un sistema stupido. L'autobus parte quando e' pieno. Lo prendi o al capolinea o sulla strada. Poi la strada che fa la sanno tutti, parli con il conducente e ti molla ovunque tu vuoi. Peccato pero' che per dei turisti che colpevolmente non sanno dov'e' il capolinea ne' dove passano i minibus la situazione si complichi. Ci dicono prendete uno di quei furgoncini con la targa rossa, vedete se ha la sigla TR di Tirana, salite a bordo e via.

Siamo io e lui, io due zaini e lui uno. Poi quattro alcolisti nel bar all'angolo e due meccanici di fronte. La strada si ravviva ed i bambini ci guardano. Una notizia un po' originale non ha bisogno di alcun giornale e nell'ora successiva la pseudo sosta dei furgoncini (oppure appunto furgon) si riempie di autoctoni di ogni eta', compreso un signore vestito di verde con famiglia al seguito che ci guarda per una mezz'ora consecutiva stabilendo il record mondiale di eye contact. Siccome per le guide anglosassoni ed in genere per il mondo anglosassone l'eye contact e' come la merda in letto, la Lonely Planet ti dice di evitarlo almeno in situazioni potenzialmente tese.

Io seguo la Lonely Planet come se fosse il Corano. Quindi il tipo non lo guardo. Poi pero' passa un primo furgone per Tirana e lui si butta per strada per fermarlo per noi, che quasi viene investito. Grazie amico, altro che evitare l'eye contact. Lasciamo che alla metodica saggezza anglosassone si sovrapponga l'atavico italico buonsenso.

Quando alla fermata si sono accalcati ormai venti persone, passa il furgon (cosi' si chiama) e ci sistemiamo dietro soddisfatti. A sera saremo a Tirana.

La strada costeggia prima il lago e poi sale. Troppe novita', troppi stimoli, l'occhio fatica a scorgere tutto e cosi' fa la memoria che adesso mi inganna. Cosa scegliere tra la contadina seduta sui binari della ferrovia che lavora sul raccolto, i bunker diroccati, nascosti, palesati, palestrati, ridicoli, tetri, la polvere che si leva, il paragone con una Macedonia improvvisamente divenuta mito.

Nonostante l'apparenza, il furgon e' comodo. Mi stupisce che nessuno parli italiano ed attacchi bottone, ma fa lo stesso sara' per un'altra volta. La strada sale e scende, bunker e scavi, poi ci fermiamo per una sosta. Io continuo a non abituarmi al paese (in fondo ci sono da tre ore) e tengo d'occhio il mio zaino, poi mi invitano dei tipacci a bere una birra con loro e mi offrono persino una canna. Magari e' meglio di no, giusto? Nel frattempo Jose' torna entusiasta, la signora proprietaria del bar gli ha aperto una porta che dava sul vuoto.

La notte sta scendendo e maledico l'oscurita' che nasconde le chicche che ci aspettano ovunque. Passiamo ad Elbasan, una della citta' piu' grosse del paese, e con il mercato dei gitani eccoci in piena Delhi. Stracci, tavole impolverate, macerie non ancora assimilabili dall'occhio vellutato dell'occidentale. Poi una albanese mi spieghera' il tutto.

A meta' strada sale un tipo muscoloso con tatuaggi che lavora pure lui in Grecia e ci tocca il primo Ciao Italia. Nonostante tutto non ricorrero' quasi mai a Igli Tare o Bogdani. Qui non si fanno certo infinocchiare dal turista che gli spara due nomi di calciatori. Qui sono LORO che sanno la formazione dell'Albinoleffe. Con il muscoloso ci provo. Secondo me Jose' non si fida e gli racconta che siamo due studenti. In fondo e' vero, studiare l'Albania anche dalla finestra di un furgon e' compito arduo.

A Tirana scendiamo in un posto ed il culturista ci accompagna alla Piazza Skenderbeg. In realta' l'ho visto scritto in varie maniere ma in poche parole Skender e' Alessandro in turco e Beg e' come bey. L'eroe nazionale del paese e' rapito dagli ottomani (ovvero da quattro persone contemporaneamente), poi si rivolta insieme con i propri soldati e guida la lotta per l'indipendenza dei turchi. Lo trovi ovunque e basta persino il suo copricapo tipico per ricordarlo agli albanesi. Ce n'e' persino una statua a Roma e la nozione te la ripetono in tanti. Un eroe nazionale che combatte contro i turchi nell'unica nazione a maggioranza musulmana d'Europa. Split personality, come dicono i dalmati?

La piazza non e' male ma in preda alle macchine. In tante cose sono simili agli italiani ma Tirana non ha il giro pomeridiano (qui zhiro) di persone nella piazza principale. Piuttosto e' snodo del traffico ma l'insieme che comprende la statua di Skanderbeg, una magnifica moschea, palazzi ministeriali pastello, il fantasmagorico mosaico Albania e altre cementate varie cattura lo sguardo.



L'albergo e' dietro alla piazza. C'e' polizia ovunque e le strade sono semivuote, tutto appare lindo ma gia' alla strada circostante si ammassano i bidoni aperti, i marciapiedi rivoltati e lampadine malferme. L'hotel non e' male. 12 euro a testa per persino la doccia in camera. Ci proviamo a negoziare ma il tipo non e' il boss e non parla persino italiano. Chiama un collega italoparlante, Guardate che lui non e' il boss, lavora solo all'Istituto di Fisica Nucleare e lo fa per arrotondare. La bomba atomica albanese e' in buone mani.

La notte di Tirana esplode come una mina antiuomo nel Blloku, dove a quanto ho capito si congregano i bianchi bianchi e gli imitanti delle campagne. Camminare tanto e' ancora gratis ma tutto odora ad occidente e ad Italia. I fighetti si sono presi il quartiere che prima era della nomenklatura. O forse non e' mai passato di mano. Il ristorante che ci aspetta non lo troviamo subito, ma poi ci divertiamo un sacco con un misto di piatti albanesi ed Erion il capo dei camerieri. Alla fine stiamo sino alle 2 a parlare e ci facciamo persino il grappino finale.

Ovviamente parla perfettamente italiano e non c'e' mai stato da noi. Io pensavo che tanti secoli di vicinanza avessero influenzato i nostri compagni adriatico-ionici. Macche' sono onde televisive ad avvicinarci. La prima annessione fatta a colpi di Scherzi a Parte. A questo punto bombardiamo la Tunisia con Passaparola e Malta con il festival di Sanremo. Mare (veramente) Nostrum.

Torniamo ciondolanti dal quartiere diplomatico e ci stravacchiamo sul viale delle parate. Non c'e' nessuno (nel senso che passa una macchina ogni cinque minuti) e allora paratiamo io e Jose' tra le guardie svogliate delle garitte e le piramidi e le sfere di Enver Hoxha. Siamo noi a sfilare ma nessuno ci vede. In fondo dai questa Albania non e' malaccio.



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